Popular Music e comunicazioni di massa

«Provate ad iniziare la lettura dall’abbondante appendice bibliografica, il cui pregio è proprio nella sua estrema eterogeneità: a partire dagli anni Quaranta, avete di fronte una sequenza di studi che evoca più di un momento essenziale per la storia della musica di massa così come delle tecnologie dell’immaginario, dell’industria del divertimento e della letteratura mediologica.» | Alberto Abruzzese

Questo è il mio primo libro. E, per qualche critico musicale, il primo libro in italiano sulla popular music. In un certo senso, quindi, è stato una pietra miliare sia per me che per i lettori e, a oltre 30 anni dalla sua pubblicazione, continua a essere letto e citato in saggi, riviste, tesi di laurea, testi universitari, bibliografie. Per scriverlo, ho consultato i volumi in inglese che l’hanno preceduto, direttamente nella capitale della musica pop, Londra. E ho ascoltato tantissima musica. Ecco perché ho scritto Popular music e comunicazioni di massa: la musica pop rappresenta una parte importante della mia vita, ma volevo anche capire perché fosse così universalmente amata.

Chiara Santoianni - Popular music e comunicazioni di massa

L’ascoltiamo ogni giorno, dovunque. Ma ci siamo mai chiesti che cosa sia la popular music? Un canzone trascina, emoziona, influenza, rilassa, diverte, rallegra, fa compagnia; è il sottofondo della nostra giornata, a volte un modo per condividere, per comunicare, per dimenticare, per ricordare. Cosa avviene quando ascoltiamo un brano che ci piace, quando diventiamo fan di un cantante? Ce lo spiega questo libro, che si pone l’obiettivo di capire il mondo dei giovani così come quello dei discografici, dei cantanti, dei mass media. Per sapere, finalmente, cosa succede durante un concerto live, chi sono le groupies, perché le rockstar indossano costumi iconici, chi sono i rasta, i teddyboys e gli skinheads, a che serve imitare le popstar. E quali sono i segreti dietro una canzone di successo.

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«La tesi di fondo e il punto di vista storico di alcuni capitoli si fondano appunto sulla necessità di non poter definire l’oggetto del discorso se non proprio dentro alla natura di questo indissolubile, fondante, legame tra popular music e comunicazioni di massa. Così – e basta scorrere l’indice per accorgersene – le “province” in cui la ricerca si deve muovere sono numerose e ramificate: mode, look, rituali, conflitti, divi, mitologie. Quanto appare a prima vista di più monoculturale, unidirezionale e omologante può allora rivelarsi proteiforme, interattivo, plurimo.» | Alberto Abruzzese, sociologo delle comunicazioni di massa

Da Elvis a Madonna: mitologia della popstar

Non si può separare la musica dall’arte dai vestiti dalla pettinatura e dal trucco… (Betsey Johnson, stilista)

“One, two, three o’ clock, four o’ clock rock…” Cantando, nel 1954, il rock dell’orologio, Bill Haley – un passato come artista country e un futuro come interprete di potenziali hit rock’ n’ roll, riusciva a vendere in pochi mesi un milione di copie di dischi e ottenere, con la cover di Rock Around the Clock di Sunny Dae, il primo successo rock per un bianco. Ma già allora un look sbagliato poteva far crollare promettenti carriere: e quella di Bill Haley fu distrutta, non appena cominciò a fare delle tournée, dalla sua scarsa presenza scenica, dal suo fisico grassoccio, dai suoi abiti antiquati e dalle maniere dolci. Haley lasciava così il campo libero a Elvis Presley, il giovanotto sexy che fin dai tempi del liceo aveva coltivato intensamente il suo aspetto esteriore.

Le figure leggendarie del rock sapevano per istinto o per autocoscienza che non era solo musica ciò che stavano vendendo. Era l’esibizione, uno stile edonistico e una celebrazione del sex appeal. Ciò in sé non era niente di nuovo. La combinazione di elementi musicali e visuali lo era. (Mablen Jones)

Da Elvis a Little Richard, dai Beatles ai Rolling Stones, da Bowie ai Kiss, da Johnny Rotten ad Adam Ant, da Boy George a Madonna, durante i decenni tutti i cantanti pop hanno compreso l’importanza dell’aspetto esteriore e se ne sono serviti per imporsi al pubblico, dando inizio a nuove mode basate sul loro stile. La loro strategia (o meglio quella dei produttori, dei manager e degli stilisti che hanno guidato le loro scelte) si può riassumere in poche parole: attirare l’attenzione, stupire e, se possibile, scioccare.

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